Nascita del ciclo Contaminated Area

“Ogni singolo frammento di plastica e di cartone, incollati sulle mie tele, trasmette un’immagine. E’ la stessa immagine che vedresti nell’oceano inquinato”, dichiara Prinzi.

“Può venir fuori qualsiasi forma, questo non ha importanza, non sono un pittore figurativo”, prosegue.

“Quando creo l’opera non ho idea a come verrà alla fine, faccio solo attenzione che abbia i giusti equilibri e che abbia un senso estetico. E’ una questione di equilibri tra forme e colori.

Sono nato a Siviglia, in Spagna, lì l’arte era dappertutto, come in Italia. E’ quello che io chiamo lo stile europeo, elegante e raffinato.

Ho sempre fatto arte, ho sempre dipinto, da quando ero bambino. Ma non mi hanno incoraggiato, la passione è venuta da dentro di me.

Mi sono dato da fare anche in altri settori, ho avuto una discreta carriera anche nella grafica e nella pubblicità, ma nel profondo della mia mente ho sempre saputo che la pittura era il mio vero mondo. Questo era quello che volevo fare, volevo fare arte.

Ho frequentato l’istituto d’arte e le scuole professionali di grafica pubblicitaria, ed il mestiere di grafico è andato bene per parecchi anni. Poi è arrivato il “Cigno Nero” che ha creato la crisi economica e la disoccupazione. Questa pandemia mi ha cambiato per sempre, così sono tornato a tempo pieno a fare ciò che ho sempre amato, la pittura.

Da sempre sono stato interessato ai problemi ambientali, un artista deve avere sempre qualcosa da comunicare, e questa indole l’ho portata avanti negli anni.

Nel tempo ho dipinto la natura secondo l’influenza che avevo in quel periodo, ho iniziato con i surrealisti, passando poi con i cubisti. Successivamente sono stato influenzato dagli astrattisti, fino poi ad arrivare all’informale.

Ma fu solo dalla fine degli anni 2000 che elaborai un drastico cambiamento alla mia pittura, andando verso idee più concettuali, e credo che questa sarà lo stile che mi porterò avanti per il resto della mia vita.

Trascorsi 10 anni a crearmi una mia tavolozza dei colori, ogni artista ha una propria tavolozza dei colori, ad esempio Van Gogh usava sopratutto il giallo di cadmio e il blu cobalto, Alberto Burri il rosso vermiglio e il nero petrolio.

Io ho rimosso la maggior parte dei colori dello spettro, tenendo solo quelli più rappresentativi della natura.

Vorrei che quando le persone guardano un mio quadro si ricordino a come abbiamo ridotto la natura, vorrei che gli desse lo stimolo a comportarsi meglio innanzi ad essa, con più rispetto.”